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Guercino. Capolavori da Cento e da Roma (Mochi, Cristina)

  • Immagine del redattore: preside713
    preside713
  • 20 mar 2012
  • Tempo di lettura: 3 min

Et in Arcadia Ego. Lo straordinario capolavoro di Guercino vanto della Galleria Nazionale d’Arte Antica, è esposto dal 16 dicembre, insieme ad altre 35 tele, nei nuovi spazi di Palazzo Barberini adibiti alle mostre temporanee. Non c’è da sorprendersi per il soggetto apparentemente stravagante perché riflette il pensiero d’un’epoca: è il teschio, non ancora completamente corrotto, che appare nel dipinto, a rivolgersi direttamente a sgomenti pastori e a curiosi osservatori. E’ vanitas macabra e desolata, “triste brandello di vita” che va verso l’imbrunire. È parola che si fa immagine..

Dopo la grande rassegna del 2004, Poesia e sentimento nella pittura del ‘600, tenutasi nell’Ala Mazzoniana della Stazione Termini a Roma, in occasione dell’apertura delle sale dell’ex Circolo Ufficiali in Palazzo Barberini, torna una grande mostra, dedicata a Francesco Barbieri, conosciuto meglio con il nome di Guercino, per lo strabismo provocato da un improvviso spavento dell’infanzia e certamente uno dei grandi protagonisti del nostro Seicento. Curatori sono Rossella Vodret, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale della città di Roma e Fausto Gozzi, direttore della Pinacoteca Civica di Cento. La rassegna vuole essere, oltre a un tributo straordinario al pittore emiliano, un omaggio a Sir Denis Mahon, studioso appassionato dell’arte italiana, scomparso recentemente, che a Guercino ha dedicato numerosi studi. Le opere esposte provengono dalle collezioni romane, dal Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno e naturalmente da Cento, e permettono di conoscere l’evoluzione e i cambiamenti nella pratica artistica nell’intera carriera del pittore, dai primi capolavori orientati alla cultura ferrarese, fino agli ultimi più intimi e commossi.

“Dipinge con tanta felicità di invenzione… frescatore e mostro di natura”, così Ludovico Carracci (1555-1619), maestro di Guercino, ce ne tramanda il ricordo, esprimendo giudizi di grande considerazione e stima, quando il discepolo, nato a Cento nel 1591, non era che un giovane allievo ancora in formazione.

Precocità e talento, quindi, lo fanno distinguere nella bottega di Ludovico Carracci a Bologna e proprio qui il suo destino si incontrerà con i Ludovisi, nelle figure del cardinale Ludovico e soprattutto del futuro pontefice Gregorio XV, suoi maggiori committenti. Nel 1621 è a Roma, dove si tratterrà fino al 1623: la sua prima opera deve essere stata la decorazione della volta del Casino Ludovisi, con lo splendido e sorprendente Carro dell’Aurora in scorcio. Nonostante l’opera di Caravaggio a Roma sia una vera folgorazione per il nostro, in lui il classicismo d’origine bolognese-carraccesco del Guercino si fonderà perfettamente con il drammatico naturalismo del Merisi. Temi d’invenzione o temi sacri immersi in cieli squarciati di lampi improvvisi su fondi di un azzurro intenso diverranno presto la personale cifra stilistica dell’artista. A Roma raggiunge la fama attraverso grandiose opere pubbliche: la monumentale Pala di Santa Petronilla per l’altare di San Pietro, è certamente il suo capolavoro romano. La densità cromatica scura e terrosa emiliana mitigata dai pastelli leggeri e vaporosi si traduce in una visione grandiosa, dai pigmenti solidi e luminosi, visione viva ed attuale dai contorni sfrangiati: è questo il “teatro degli affetti”, la pittura dei sentimenti. La tela citata è conservata nella Pinacoteca Capitolina e appare in mostra con il bozzetto di più piccolo formato. Dopo il ritorno a Cento nel 1623[1], si avverte un forte ritorno al classico temperato da “stravaganze naturaliste” (1623-1634), visibile in alcuni ritratti (Bernardino Spada) e ad esempio nel Ritorno del Figliol prodigo. Il “Discorso sulle immagini sacre e profane” del cardinal Paleotti, edito a seguito del Concilio di Trento nel 1582, deve aver diretto non poco le scelte nell’orchestrazione delle sue opere. Se “la verità deve muovere a pietà e devotione”[2], Guercino, che ormai si rivolge sempre più verso la scelta radicale del monachesimo francescano, deve aver fortemente fatto propria tale lettura.

L’ultima sua tendenza matura dopo la morte di Guido Reni, nel 1642, suo contemporaneo a cui vuole rendere omaggio, e la tavolozza dell’artista diventa tenue, i soggetti si semplificano, nella nuova tendenza classicista della maturità.

Cristina Mochi

FOTO

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Et in Arcadia ego, 1618, Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini

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Seppellimento di Santa Petronilla, 1623, Roma, Pinacoteca Capitolina

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Carro dell’Aurora, 1621, Roma, Casino Ludovisi

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Susanna e i vecchioni, 1617, Madrid, Prado

Bibliografia

Capolavori da Cento a Roma. Guercino 1591-1666, catalogo mostra Palazzo Barberini, Roma, Giunti Arte Mostre Musei srl, Firenze, 2012

Gabriele Paleotti (2002), Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582), libri V, Libreria Editrice vaticana

[1] Anno di morte di Gregorio XV.

[2] G. Paleotti.

 
 
 

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