Sognando i baffi di Salvador Dalì (D’alessio, Francesca)
- preside713
- 9 mag 2012
- Tempo di lettura: 3 min
La mostra al Museo del Vittoriano “Dalì. Un artista Un genio”, ha l’indubbio merito di farci conoscere un Dalì poco noto e di portare la nostra attenzione sui processi creativi che soggiacciono all’opera del maestro catalano.
Molti di noi si meraviglieranno a scoprire le numerose partecipazioni e collaborazioni daliniane per spettacoli teatrali e cinematografici in veste di creatore di scene, di abiti bellissimi, di fondali.
Ben documentate in mostra sono infatti le sue molteplici proposte per film di grandi registi: dai fondali allucinati per Hitchcock, al meraviglioso cartone animato – realizzato post mortem – per Walt Disney, al film autobiografico con Fellini.
Assolutamente ricche di invenzione le illustrazioni per testi spagnoli e non, o i suoi disegni per oggetti di arredamento e per le pubblicità più di moda.
Ma la mostra mette l’accento soprattutto su un altro aspetto importante dell’artista spagnolo: la sua profonda e approfondita conoscenza della grande arte del passato.
Ogni quadro del pittore catalano rivela lo studio di uno o più artisti dei secoli che lo hanno preceduto con alcune preferenze che lo vedono guardare all’arte spagnola di Velazquez (citando il grande maestro seicentesco in più di un’opera presente in mostra), ma soprattutto all’arte italiana da Raffaello a Michelangelo, da Piero della Francesca ad Antonello da Messina, dall’arte e architettura di epoca romana alla “Saliera” di Benvenuto Cellini.
Le sue preferenze sono dettate da affinità linguistiche, i suoi interessi sono sia formali che concettuali, le sue incursioni nella storia dell’arte gli servono sia da stimolo, sia da modello: così ritroviamo nelle sue opere la mano dell’Annunciata di Antonello o la gamba della figura della Terra della Saliera di Cellini; ma anche la Pietà di Michelangelo per assorbire tutto il dolore della perdita di Gala o la Leda con il cigno e i due Castori di certo allusiva alla morte prematura di suo fratello.
Non è facile capire tutti i significati delle opere di Dalì: le suggestioni, le allusioni alla sua sfera personale sono così intime che spesso dobbiamo far ricorso alle sue parole o ai suoi scritti di poetica per cercare di orientarci nel suo mondo onirico.
Il mondo del sogno, infatti, è alla base dell’arte così come veniva richiesto dal movimento del Surrealismo, ma per afferrare Dalì è necessario sapere qualcosa in più: non solo l’inconscio, non solo la parte oscura deve essere rappresentata ed essere oggetto d’arte ma anche quello che Dalì stesso definisce il metodo paranoico – critico: “un sistema di conoscenza irrazionale basato sull’oggettivazione di associazioni di idee e interpretazioni deliranti”. Come dire: tutte le possibili associazioni di idee, i deliri a mezza veglia e quelli perfettamente lucidi, ogni piccola suggestione o immaginazione possono diventare oggetto d’arte,anzi sono proprio lo scopo dell’arte.
Dalì è un’artista surrealista? Sicuramente Dalì coglie nel movimento surrealista una possibilità di esprimere finalmente la propria straordinaria e “anomala” personalità: il suo controverso rapporto con il sesso, le sue riflessioni sul tempo, dunque sulla morte nella vita, le sue allucinazioni a occhi aperti.
Ma la libertà e l’audacia di Dalì lo rendono inviso allo stesso fondatore del Surrealismo André Breton che, dopo anni di intensa e fruttuosa amicizia, non esitò ad anagrammare le lettere del nome di Salvador Dalì ricavandone il nomignolo fortemente dispregiativo di Avida Dollars, vista la evidente attrazione per il denaro del maestro catalano e la sua attenzione a qualunque progetto e ricerca lo interessasse senza problemi di morale o di coerenza.
In realtà, lo stesso Dalì ebbe modo di ribadire diverse volte che la sua unica vera passione era Gala: “Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro!”.
Gala, prima moglie del poeta Paul Eluard, incontrata a Parigi nel 1929 e sposata civilmente nel 1934 è alla base di moltissime opere del maestro spagnolo, ma soprattutto l’amore per Gala è il motore che muove l’artista a esplicitare tante sue difficili immagini interiori. E’ Gala il volto più raffigurato, è Gala l’amore senza tempo e il desiderio senza esclusioni, è Gala la sua musa, modella, amante, madre, amica: un amore totalizzante che lo fa sopravvivere ad una forma di follia (o di genialità?) che probabilmente lo avrebbe portato nel regno della pazzia e non in quello dell’arte.
Dalì, infine, risulta stranamente simpatico dopo aver visitato questa mostra: ci si diverte a guardarlo mentre parla davanti al televisore tirando uova alla macchina da presa; lo si immagina mascherato a Venezia; si sorride davanti ai suoi baffi ricchi di forme e di possibilità espressive; lo si immagina mentre firma una Vespa chiamata Dulcinea in partenza per un viaggio verso – e non contro – i mulini a vento.
Francesca D’Alessio
Salvador Dalì: l’Uomo, l’Artista, Roma, Complesso del Vittoriano, 09/03/2012-01/07/2012
FOTO

Salvador Dalì, Autoritratto con il collo di Raffaello, 1921, Figueres, Collezione Fundació Gala-Salvador Dalí

Figueres, Collezione Fundació Gala-Salvador Dalí

Figueres, Collezione Fundació Gala-Salvador Dalí
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