Silvia Stucky alias Stupor Mundi (Giordano, Antonio)
- preside713
- 17 ott 2012
- Tempo di lettura: 3 min
Silvia Stucky alias Stupor Mundi
Jesi, la città dove nel 1194 vide la luce lo Stupor Mundi ovvero Federico II di Svevia, meglio non poteva scegliere per celebrare l’antica cerimonia orientale del tè, che esporre le recenti opere di Silvia Stucky, sempre più note al pubblico in ambito internazionale.
Dalle galbule del cupressus sempervirens si ricavava un tè aromatico, molto apprezzato in passato: e in mostra troviamo un grande cipresso, “L’albero fiorito” del 2012 (gouache su carta), srotolato a guisa di monumentale kakejiku o kakemono, quasi un moderno menhir, come a rappresentare l’axis mundi che permette di elevarci dalla Terra al Cielo, in una unione spirituale dell’uomo con l’infinito dove le dimensioni si assottigliano fino a diventare parallele. Quasi linee parallele che si incontrano all’infinito. E su piani paralleli procede la ricerca artistica di Silvia Stucky, avvalendosi di svariate tecniche e mezzi espressivi: pittura, grafica, fotografia, video, installazioni.
Nella serie grafica “Senza io” l’artista ricorre all’antica tecnica cinese e classica (ma reinventata dai surrealisti) del frottage: sfregando a matita i rilievi di foglie poste sotto fogli di carta di riso, lascia affiorare disegni e textures di casuali e imprevedibili immagini naturali della pianta, rivelatrici nell’automatismo psichico, quale allegoria poetica del pulsare vitale della linfa primordiale dell’essere, come nel sistema arterioso di un cuore pulsante. Le foglie sono state realizzate nel 2006, una al giorno, tra l’equinozio primaverile e il solstizio estivo. La pratica prende il nome “Senza io” perché rifiuta il principio che sia la personalità dell’artista a determinare il contenuto dell’opera, mirando a ristabilire e a ritrovare l’armonia nascosta nei ritmi e nelle leggi della Natura, per tradurla quindi nella vita di ogni giorno.
In “19.6.2006” la foglia di Hedera helix – rampicante le cui radici aggrappanti sono all’origine del noto simbolismo di Fidelitas – mostra la leggerezza di un aquilone.
“20.6.2006” potrebbe suggerire il senso del vento che ha strappato la foglia alla pianta, o del librarsi della stessa foglia nello spazio in balia dei capricci di Eolo, così come dell’effimero passaggio umano nell’universo.
“18.6.2006” ha uno sviluppo verticale triangolare o pseudo-conico, ricordando forse la montagna sacra che ha base sulla
terra e cima che sfiora le celesti sedi divine.
Nel raro libro d’arte in 35 esemplari “Getterò in mare il cuore che ha qualche desiderio” – parte della preziosa collana edita da Il Bulino – il testo di Francesco D’Alessandro “Primo Maggio nel Pineto” è arricchito dalla lussureggiante decorazione fitomorfa orientale dipinta a mano dalla Stucky. Se questa potrebbe apparire di primo acchito un’operazione semplicemente esornativa a chi non possieda gli strumenti di conoscenza per cogliere la giusta chiave di lettura, Silvia procede sul fragile supporto cartaceo con acribìa da certosino amanuense, rubando il color celeste alla decorazione della porcellana asiatica o di Delft, in un costante e paziente cammino che le consente una sorta di meditazione zen.
Nelle fotografie, la componente ludica dell’artista riesce – con occhi infantilmente puri – a cogliere l’attimo nella poesia
della quies del tardo meriggio, nel quale il sole allunga le ombre sino a renderle dechirichiane; il caso – cercato – rende eterno il repentino battito d’ali di un uccello in volo, l’atletica corsa di un giovane, vago ricordo dell’affannarsi umano nella metropoli che fa capolino sullo sfondo, con l’incombente cupolone vaticano che irradiato si staglia contro l’azzurro appena lambito da lievi cirri. Perfino il tronco abbattuto – ignaro dei simbolismi martiriali nella pittura veneta cinquecentesca (della quale pure l’artista è colta conoscitrice) – respira l’idillio sospeso, bloccato dal click della camera per ascoltare il battito cosmico.
L’apparente casualità, come nei suoi video, si rivela a un’attenta disamina operazione dalla valenza alchemica: il frammento naturale, sia esso scorrere dell’acqua o delle nuvole, è trasmutato in fluire della coscienza, in élan vital, per sentirsi in sintonia con l’armonia cosmica e attingere l’Assoluto.
Antonio Giordano
Tre storie di pratica senza io.
personale di Silvia Stucky
5 – 19 ottobre 2012
Scuola di Tè Cose di Té
P. zza Indipendenza, 2/A
Jesi

1 – Silvia Stucky, “Getterò in mare il cuore che ha qualche desiderio”, 2011

2 – Silvia Stucky, “Senza io”, 2006

3 – Silvia Stucky, L’albero fiorito 1012
Comentários