Marmi colorati antichi (Laurenti, Stefania)
- Laurenti, Stefania
- 6 lug 2015
- Tempo di lettura: 14 min
Il primo amore non si scorda mai… diceva qualcuno!
Infatti con questo articolo ritorno ad uno dei miei primi amori dell’Università: la catalogazione e la conoscenza dei marmi antichi. Il vocabolo marmo deriva dal greco antico μάρμαρον (mármaron) o μάρμαρος (mármaros), con il significato di “pietra splendente”, a sua volta derivato dal verbo μαρμαίρω (marmàirō), che significa "splendere, brillare".
Dal punto di vista delle Scienze della Terra si definiscono marmi solo quelle rocce metamorfiche derivanti dal metamorfismo di rocce calcaree. Il marmo è composto prevalentemente di carbonato di calcio (CaCO3). Il marmo si forma attraverso un processo metamorfico da rocce sedimentarie, quali il calcare o la Dolomia, che provoca una completa ricristallizzazione del carbonato di calcio di cui sono in prevalenza composte e danno luogo ad un mosaico di cristalli di calcite o di dolomite (minerale). L’azione combinata della temperatura e la pressione, durante la trasformazione della roccia sedimentaria in marmo, porta alla progressiva obliterazione delle strutture e tessiture originariamente presenti nella roccia, con la conseguente distruzione di qualsiasi fossile, stratificazione o altra struttura sedimentaria presenti nella roccia originaria. Il colore del marmo dipende dalla presenza di impurità minerali (argilla, limo, sabbia, ossidi di ferro, noduli di selce), esistenti in granuli o in strati all’interno della roccia sedimentaria originaria. Nel corso del processo metamorfico tali impurità vengono spostate e ricristallizzate a causa della pressione e del calore. I marmi bianchi sono esito della metamorfizzazione di rocce calcaree prive di impurità.
Il marmo è stato ampiamente utilizzato sin dall’antichità come materiale per la scultura e per l’architettura. Il basso indice di rifrazione della calcite, di cui è principalmente composto, permette alla luce di penetrare nella superficie della pietra prima di essere riflessa, e conferisce a questo materiale (e soprattutto ai marmi bianchi) una speciale luminosità. Negli studi archeologici e storico-artistici vengono quindi compresi tra i "marmi" anche altre rocce che non sono tali dal punto di vista geologico e chimico, quali i graniti e porfidi, le dioriti, i basalti, gli alabastri, o i calcari di particolare durezza.
La realizzazione dei primi oggetti in marmo risale all’epoca neolitica ("età della pietra levigata"): nelle Cicladi, dove il marmo è particolarmente abbondante (soprattutto nelle isole di Paros e Naxos), sono presenti prima piccoli idoli e quindi sculture più grandi, datate a partire dalla fine del IV e nel III millennio a.C. (3200-2000 a.C.). Alcune varietà di marmi originari del Peloponneso (porfido verde antico e marmo rosso antico) vennero utilizzate nell’ambito della civiltà minoica. Nell’Egitto antico, a partire dall’epoca predinastica, diverse varietà di graniti, dioriti, basalti e alabastri vennero lavorate per la realizzazione di vasi rituali. A partire dalla II dinastia inizia l’impiego della Sienite – una roccia granitica che venne utilizzata per il rivestimento delle piramidi di Chefren e di Micerino. La Grecia antica era ricca di cave di marmo, con numerose varietà pregiate di marmi bianchi (pentelico, tasio, nassio, pario). L’uso del marmo fu pertanto largamente diffuso sin dalle origini della scultura greca e nell’architettura di epoca classica, a partire soprattutto dai monumenti e templi dell’Acropoli di Atene del V secolo a.C. (il Partenone fu costruito interamente in blocchi di marmo pentelico). Per influenza della cultura greca, il marmo venne considerato nella Roma antica un materiale particolarmente pregiato e man mano che nuovi territori venivano conquistati ne iniziarono a Roma le importazioni. Gli alti costi dovuti al trasporto da cave spesso lontane dal luogo di impiego lo resero inizialmente un materiale di lusso, il cui utilizzo per i monumenti pubblici, o per le ricche decorazioni delle superfici interne delle dimore private. In epoca repubblicana i primi templi costruiti interamente in marmo bianco[1] (II secolo a.C.) utilizzavano marmi importati dalle cave greche[2], accompagnati probabilmente da maestranze in grado di eseguirne la lavorazione e nelle intenzioni dei committenti, dovevano impressionare il pubblico con l’uso massiccio di un materiale tanto costoso e culturalmente significativo. Contemporaneamente iniziò l’importazione di alcune varietà di marmi colorati (tra i più diffusi il giallo antico, l’africano, il pavonazzetto, il cipollino), che vennero utilizzati, prima in frammenti inseriti in tessiture a mosaico, e poi in grandi lastre, per i rivestimenti parietali e pavimentali degli interni delle ricche dimore patrizie. Nel corso del I secolo a.C. iniziò lo sfruttamento delle cave di Luni – marmo lunense[3] – che rappresentava un sostituto di buona qualità e più economico (per i minori costi di trasporto) dei marmi bianchi importati dalla Grecia. Con l’epoca augustea, vennero importate altre varietà di marmi (rosso antico, cipollino). Dopo la conquista dell’Egitto (31 a.C.) iniziò l’importazione anche delle pietre egiziane, le cui cave passarono dalla proprietà regia dei sovrani tolemaici, alla proprietà imperiale, e che pertanto furono utilizzati solo nei più importanti monumenti pubblici voluti dall’imperatore (porfido rosso antico, vari tipi di graniti, basanite, vari tipi di alabastri). Le cave dei marmi più importanti divennero progressivamente tutte di proprietà imperiale e un’accurata organizzazione della lavorazione e dell’approvvigionamento verso Roma, permise una capillare diffusione dell’uso delle principali varietà in tutte le città dell’Impero romano. La proprietà imperiale delle cave assicurava la disponibilità dei materiali necessari nei grandi programmi di edilizia pubblica, mentre il surplus veniva rivenduto per l’uso privato. Si diffusero in particolare le lastre per il rivestimento delle pareti interne e dei pavimenti, e i fusti di colonna in diversi marmi colorati, che arricchivano gli spazi interni dei monumenti pubblici e delle case più ricche. Cave di altre varietà rimasero di proprietà privata ed ebbero una diffusione più limitata, a carattere regionale, ovvero per elementi decorativi o di arredo di minori dimensioni: alcuni di questi marmi furono particolarmente ricercati per la loro rarità. I marmi colorati furono utilizzati anche per le sculture a ‘tema esotico’ (per es. di Re barbari prigionieri) o in relazione al soggetto rappresentato. L’utilizzo delle diverse varietà dipendeva dal costo di trasporto (data la difficoltà dei trasporti via terra per pesi consistenti, la lontananza dal mare e/o la mancanza di un corso d’acqua navigabile poteva rendere proibitivi i costi, almeno per l’utilizzo privato), dalla possibilità di estrarre quantità consistenti di blocchi di grandi dimensioni, dai cambiamenti nelle modalità di estrazione. A partire dalla fine del II secolo d.C. anche in Italia il marmo lunense venne progressivamente soppiantato dal marmo proconnesio, un marmo bianco proveniente dalla piccola isola di Proconneso, nel mar di Marmara, favorita dalla vicinanza delle cave al mare, per cui i blocchi estratti potevano essere direttamente caricati sulle navi per il trasporto. L’abbondanza di vene sfruttabili anche per grandi elementi e l’organizzazione del lavoro nelle cave, che producevano manufatti semirifiniti o del tutto completi (dai capitelli, ai fusti di colonna, ai sarcofagi) permetteva di contenere ulteriormente i costi e favorì la diffusione di questo marmo nei secoli successivi (fu il marmo utilizzato per la costruzione di Costantinopoli).
Fra le varietà (litotipi) di marmi utilizzati nell’antichità e in particolare durante l’Impero romano bisogna ricordare quelli provenienti dall’Egitto e dall’Africa in generale, quelli dal Vicino Oriente e quelli che arrivavano dalla Grecia e dintorni.
Marmi egiziani
Basanite (lapis basanites). Esiste in due varianti: una siltite (a grana fine) e una grovacca (a grana leggermente più grossolana): entrambe sono di origine metamorfica, di colore scuro uniforme (dal grigio scuro al grigio-verde). Le cave sono sulle pareti rocciose sui due lati del Uadi Hammamat, nel deserto orientale egiziano.
Granito del Foro (marmor claudianum). Si tratta di una ‘gneiss’ tonalitica, di origine metamorfica. Le cave, molto ampie, si trovano sul Gebel Fatira (Mons Claudianus), nel deserto orientale egiziano. Una variante con grana più fine proviene da luoghi estrattivi siti a poca distanza (Uadi Umm Huyut). Prende il nome dai numerosi fusti di colonna utilizzati nel Foro di Traiano a Roma.
Granito rosso o Sienite o ‘granito di Assuan’ (lapis thebaicus, lapis pyrrhopoecilus). Si tratta di un granito di origine magmatica. Le cave si trovano a Shellal, a nord di Assuan (antica Siene), nell’Alto Egitto.
Porfido rosso, o ‘porfido rosso antico’ (lapis porphyrites). Si tratta di una roccia andesitica, con presenza di ematite e piemontite, di origine magmatica. Le cave si trovano sul Gebel Dokhan (nome antico: Mons Porphyrites o Mons Igneus), un massiccio montuoso situato ad ovest di Hurghada, nel deserto orientale egiziano.
Alabastro cotognino o ‘alabastro egiziano’ (lapis alabastrites). Si tratta di un alabastro calcareo di origine sedimentaria. Abbondante e ampiamente diffuso già in epoca preromana, se ne conoscono nove siti di estrazione, soprattutto presso la città di Hatnub. Si presenta in una variante bianco lattea opaca, a grana fine, e in una che varia dal beige-giallastro al bruno, a grana variabile e di aspetto fibroso, spesso stratificate in livelli di vario spessore.
Breccia corallina ombrata o ‘breccia gialla e rossa egiziana’ – forse knekites lithos. Si tratta di una breccia calcarea, con clasti di colore bianco giallastro immersi in un cemento rossastro per la presenza di ematite. Utilizzata nell’Egitto predinastico e rara in epoca romana. Non si conoscono le cave di estrazione.
Breccia verde d’Egitto o ‘breccia verde antica’ (hecatontalithos). Si tratta di un conglomerato puddingoide su fondo verde (ma ne esiste anche una variante a fondo rosso), di origine metamorfica. Le cave sono due siti estrattivi nell’ambito del distretto estrattivo della basanite.
Granito bianco e nero (marmor tiberianum). Si tratta di una quarzo-diorite di origine magmatica. Le cave delle due varietà conosciute (‘granito bianco e nero di Santa Prassede’, con colore più scuro, e ‘granito bianco e nero del Cairo’, con colore più chiaro) si trovano presso il Uadi Barud, a circa 10 km. a sud-est delle cave del granito del Foro, e sono di piccole dimensioni.
Granito della Colonna. Si tratta di una gabbro-diorite di origine magmatica, le cui cave, di piccole dimensioni, si trovano presso il Uadi Umm Shegilat, nel deserto orientale egiziano, non lontano da quelle del porfido rosso. Presenta grandi cristalli neri allungati, prevalenti sul fondo bianco, a volte con sfumature rosate. Prende il nome da un trapezoforo (sostegno per tavolo) conservato nella cappella di San Zenone della chiesa di Santa Prassede a Roma, dove era ritenuto essere la colonna alla quale era stato legato Gesù Cristo nella flagellazione.
Granito nero di Siene, o ‘granito nero egiziano’[4] (lapis thebaicus). Si tratta di una grano-diorite di origine magmatica. Le cave si trovano presso quelle del granito rosso, a sud di Assuan.
Granito del Uadi Umm Fawakhir. Si tratta di una grano-diorite di origine magmatica. Le cave si trovano nel Uadi el-Sid, presso le cave di basanite. Si presenta con macchie rosate, nere e bianche, a grana variabile.
Granito verde fiorito di bigio. Si tratta di una quarzo-diorite di origine magmatica. Le cave si trovano nel Uadi Umm Balad, sulle pendici occidentali del Gebel Dokhan, presso le cave di porfido rosso. Presenta una grana fine ed omogenea e un colore verdastro, con zone tendenti al grigiastro o al brunastro. Granito verde plasmato. Si tratta di un gabbro di origine magmatica. Le cave, suddivise in diversi luoghi estrattivi, si trovano presso il Uadi Maghrabya. Si presenta in varie tonalità di verde e di grana variabile.
Granito verde della sedia di San Lorenzo e granito verde della sedia di San Pietro, o ‘Ofite’ (lapis ophytes). Si tratta di un metagabbro di origine metamorfica. Le cave delle due varietà (distinte dalla grana più o meno fine), si trovano presso il Uadi Umm Wikala e il Uadi Semna, in un complesso di alture in antico chiamato Mons Ophyates, nel deserto orientale egiziano. Le due varietà prendono il nome dai tondi sui dossali dei troni episcopali cosmateschi delle basiliche di San Lorenzo fuori le mura e di San Pietro a Roma.
Porfido serpentino nero. Si tratta di una trachi-andesite di origine magmatica. Le cave si trovano presso quelle del porfido rosso, sul Uadi Umm Towat, alle pendici sud-occidentali del Gebel Dokhan.
Porfido verde egiziano (nome antico lapis hieracites). Variante con fondo verde scuro del porfido rosso, proveniente dalle medesime cave.
Serpentina moschinata o ‘marmo verde ranocchia’ – forse identificabile con il lapis batrachites. Si tratta di una serpentinite di origine metamorfica. Le cave si trovano presso il Uadi Atallah, non lontano dal distretto estrattivo della basanite.
Marmi africani
Marmo giallo antico (marmor numidicum). Si tratta di un calcare cristallino (sparite). Le cave si trovano presso la città antica di Simitthus, oggi villaggio di Chemtou, in Tunisia.
Marmo bigio morato o marmo nero antico numidico (lapis niger). Si tratta di una biomicrite carboniosa con microforaminiferi e si presenta con tonalità nera intensa e grana finissima. Le cave si trovavano nella località di Ain el Ksir, non lontane da quelle del marmo giallo antico. Esistono anche altre varianti di marmo nero antico di altre provenienze.
Alabastro a pecorella. Si tratta di un alabastro travertinoso, con limotite ed ematite, e si presenta in due principali varianti: quella più comune con strati variamente ondulati di colore rosso cupo o giallo ocra, alternati a strati rosati (che a seconda del taglio si presenta a fasce o a macchie zonate e irregolari). Una seconda variante è detta ‘alabastro a pecorella minuto’ di colore rosso chiaro puntiforme su fondo biancastro che possono dare a seconda del taglio l’impressione di un vello di pecora. Le cave si trovano nella località di Ain Tekbalet, presso la città di Orano, in Algeria.
Marmi dell’Asia Minore
Marmo africano (marmor luculleum), cavato presso la città di Teos, vicino a Smirne. Si tratta di un marmo brecciato (breccia calcarea che ha subito un leggero metamorfismo) con fondo scuro, in genere nero, e clasti di varie dimensioni, di colore biancastro con sfumature rosate, o rosso, o anche nero e grigio. La varietà bigia è invece un calcare cristallino dolomitico.
Marmo iassense o marmo cipollino rosso, cavato presso la città di Iasos sulla costa della Caria[5]. Di origine metamorfica e classificabile come marmo impuro a ematite, ha grana fine e compatta, con fondo rosso cupo ed è noto in tre varietà: quella più nota presenta larghe fasce bianche o grigiastre. Più rare sono la varietà brecciata, con clasti biancastri o grigi di varie dimensioni, e la varietà rosso uniforme, che si distingue con difficoltà dal marmo rosso antico. È stata utilizzata localmente in epoca ellenistica e la sua esportazione a Roma e in altre località del Mediterraneo orientale si è diffusa in epoca severiana e fino all’epoca bizantina, in particolare con Giustiniano. È stata utilizzata in particolare per colonne e lastre di rivestimento.
Alabastro fiorito (marmor hierapolitanum). Cave di alabastro fiorito – nome generico che indica alabastri calcarei di colore biancastro o giallo chiaro e con macchie a infiorescenze più scure – si trovano presso l’antica città di Hierapolis. Strabone ne indica un’introduzione in epoca augustea.
Breccia corallina (marmor sagarium). Si tratta di una breccia calcarea con ematite, con cemento rosso corallo e con clasti di colore avorio (dismicrite), proveniente da cave nella Bitinia, presso il villaggio di Vezirhan (provincia di Bilecik). Altre cave nei pressi hanno prodotto le varietà della breccia nuvolata (con tonalità rosate e giallastre e ‘nuvole’ rosate) e del brocatellone (con cemento dai toni brunastri e clasti giallastri o grigi). Esportata a Roma a partire dalla tarda età augustea, soprattutto per colonne e rivestimenti parietali.
Granito violetto (marmor troadense). Si tratta di una quarzo-monzonite, con porfiroblasti (cristalli) di feldspato potassico e presenta un colore grigio chiaro, con cristalli bianchi o viola chiaro e piccole inclusioni nere; esiste anche una varietà con grana più fine e cristalli meno evidenti. Le cave si trovano sui fianchi del Cigri Dag, presso l’antica città di Neandria.
Granito grigio misio. Si tratta di una grano-diorite anfibolica, con cristalli di orneblenda nera, e si presenta di colore grigio, con grana fine e uniforme. Le cave sono presso la città antica di Perperene, non lontana da Pergamo.
Lapis sarcophagus. Andesite, ricavata da cave nella stessa città antica di Assos (oggi Behramkale, nella Troade), ma affioramenti della stessa pietra sono conosciuti anche nell’isola di Lesbo e presso Pergamo. Secondo Plinio[6] la pietra consumava in quaranta giorni i corpi dei defunti ad eccezione dei denti e questa credenza ne determinò la diffusione per la realizzazione di sarcofagi, in particolare nel II e III secolo, ma già prodotti localmente nel V secolo a.C. È una pietra dura e di difficile lavorazione, con fondo grigio-marrone e macchie grigio chiare o nere.
Occhio di pavone (marmor triponticum). Calcare fossilifero con cemento rosso chiaro (occhio di pavone rosso) o violaceo (occhio di pavone pavonazzo), cavate e diffuse dal III secolo per piccole colonne, lastre di rivestimento, piccole vasche. Le cave si trovano presso il villaggio di Kutluca sulla strada tra Costantinopoli e Nicomedia presso il lago Sophon (oggi Sapanca Gölu).
Marmi della Grecia
Marmo cipollino o cipollino verde (marmor carystium). Il marmo cipollino è una varietà di marmo utilizzata dai Romani. Veniva estratto in numerose cave situate sulla costa sud-occidentale dell’isola di Eubea, in Grecia, tra le attuali città di Styra e Karystos[7]. Alcune di queste cave antiche conservano fronti di estrazione lunghi oltre 100 m. Si tratta di un marmo con fondo bianco-verdastro, percorso da fitte nervature ondulate di colore verde, tendente al bluastro e percorso da spessi strati di mica. Il colore del fondo e delle venature tende a scurirsi a seconda della collocazione geografica della cava di origine da sud verso nord. Dal punto di vista petrografico è un marmo cristallino saccaroide, con venature colorate dall’epidoto e dalla clorite. Utilizzato già dai Greci, fu importato a Roma a partire dal I secolo a.C. Plinio il Vecchio[8], racconta che colonne di questo marmo ornavano a Roma la casa del cavaliere Claudio Mamurra, che era stato ingegnere di Cesare in Gallia. Le cave divennero quindi di proprietà imperiale e il marmo cipollino si diffuse in tutte le città dell’Impero. L’estrazione e l’utilizzo continuarono ampiamente ancora nel V secolo, in età bizantina. Fu impiegato soprattutto per fusti di colonne, anche di grandi dimensioni e prevalentemente lisce[9]. Si conoscono anche sculture, come la figura del coccodrillo, che decorava lo specchio d’acqua del ‘Canopo’ di Villa Adriana a Tivoli che venne realizzata in questo materiale per imitare il naturale colore delle scaglie dell’animale. Cave di varietà di marmi di apparenza simile esistono anche nella penisola iberica (cave di Anasol[10]), sulle Alpi Apuane, nella Grecia nord-orientale e in Serbia[11].
Marmo rosso antico (marmor taenarium). Il rosso antico era un marmo colorato utilizzato sporadicamente in epoca minoica e micenea (compare nella decorazione della porta del tesoro di Atreo a Micene) e diffuso in epoca romana, a partire dalla fine del II secolo a.C. (a Roma a partire dall’età cesariana) e fino in età bizantina. Si presenta di colore rosso, con varie tonalità dal rosato al rosso sangue, al porporino, talvolta con sottili venature nere o con macchie di grandezza variabile bianche o grigie. Varianti presentano fasce bianche perfettamente parallele, diritte o ondulate. Il colore è causato dal contenuto in ematite. Le cave, prossime al mare, si trovano sul promontorio di capo Matapan (anticamente capo Tenaro) nel Peloponneso. Fu ampiamente esportato in epoca romana (compare a Palmira e in Britannia). Era utilizzato per elementi di rivestimento o architettonici di piccole dimensioni e per oggetti ornamentali. In epoca adrianea venne utilizzato per sculture, prevalentemente legate al mondo dionisiaco, probabilmente per il colore che ricorda il vino.
Marmo portasanta o breccia di Aleppo (marmor chium). Ha venature che vanno dal rosso al sanguigno, su di una base scura, inoltre è brecciato. Proveniva dalle cave di marmo presenti a Chio, isola orientale del Mar Egeo.
Marmo verde antico (marmor thessalicum). Marmo di fondo prevalentemente verde chiaro, presenta macchie di un verde più scuro, che a volte può volgere quasi al nero, a cui si mescolano macchie bianche. Veniva estratto in Grecia, nella regione della Tessaglia.
Porfido verde antico (lapis lacedaemonius). Il cosiddetto serpentino o porfido verde di Grecia è una varietà di marmo utilizzata dai Romani. Le cave si trovavano nel Peloponneso, presso l’odierno villaggio di Levetsova e l’antica Krokea, sulla strada tra Sparta e Marathonisi e ce le descrive Pausania[12]. Si tratta di una pietra a fondo verde scuro con cristalli di plagioclasio rettangolari allungati di dimensioni variabili e associati tra loro, che possono variare dal verde chiaro al verde scuro o al verde giallastro. Alcune varietà presentano cristalli piccoli e isolati (porfido Vitelli) o ugualmente piccoli e di colore biancastro (porfido risato). Possono essere presenti amigdale di calcedonio di colore azzurro chiaro o rossastro (porfido agatato). In alcuni casi, a volte in seguito all’effetto del fuoco, il fondo assume colore violaceo. Dal punto di vista petrografico è un andesite diabasica. Impiegato in epoca minoico-micenea (soprattutto per vasi rituali a forma di rithon), fu riscoperto dai Romani alla metà del I secolo a.C. e più ampiamente utilizzato a partire dall’età augustea. In epoca flavia le cave divennero di proprietà imperiale. L’uso continuò fino ad epoca bizantina. Se ne ricavarono prevalentemente manufatti di piccole dimensioni, per lo più lastre di rivestimento parietale e pavimentale, a causa del fatto che i blocchi non si trovano in dimensioni maggiori di circa 1 m. È citato il suo prezzo piuttosto elevato nell’editto dei prezzi di Diocleziano. Si trova spesso nei pavimenti di epoca tardoantica insieme al porfido rosso e fu ampiamente reimpiegato nei pavimenti cosmateschi.
Breccia di Settebasi o semesanto (marmor scyreticum).
Marmo fior di pesco o marmo rosso di Eretria (marmor chalcidicum). La superficie di questo marmo si presenta generalmente ricca di colori disposti in venature intrecciate, che vanno dal rosso al rosa carico, dal bianco al violetto. Il nome moderno deriva ovviamente dalla sfumatura di colore prevalente. Le cave erano in Grecia, vicino ad Eretria in Eubea.
Marmo nero antico tenario (lapis taenarius o lapis niger). Pietra nera.
Marmi della penisola iberica. Fra gli altri il Broccatello di Tortosa, la Lumachella carnacina, il Marmo di Viana Do Alentejo.
Marmi italiani. Fra gli altri il Marmo rosso di Levanto, il Marmo rosso di Verona, la Breccia medicea di Serravezza.
Stefania Laurenti
Bibliografia
I marmi colorati della Roma imperiale (catalogo mostra, Roma, Mercati di Traiano, 2002), Venezia 2002.
FOTO


Statue dei Tetrarchi in

Ritratto di Luvia Drusilla in

Pavimentazione del Foro di Traiano – lastre di e

Fusto di colonna in nella Basilica di Massenzio
[1] Tempio di Ercole vincitore nel Foro Boario.
[2] La Grecia era divenuta provincia romana nel 146 a.C.
[3] Oggi marmo di Carrara.
[4] Impropriamente è chiamato anche ‘Diorite egiziana’.
[5] È detto anche marmo cario ed è tuttora commercializzato con il nome di ‘marmo rosso laguna’.
[6] Plinio, Naturalis historia, 36,131.
[7] Da cui il significato del nome latino.
[8] Plinio, Naturalis Historia, XXXVI, 48.
[9] Colonne del pronao del tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano a Roma.
[10] Le varietà di marmi anasol e tipo-anasol sono in Spagna e Portogallo.
[11] È in corso uno studio da parte di un gruppo di ricerca dell’Università di Roma "La Sapienza" nell'ambito del GABEC (Gruppo georisorse, ambiente e beni culturali).
[12] Pausania, Periegesi della Grecia (Perièghesis thes ‘Hellàdos’), III, 21,4.
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